Per molte ragioni, alcuni membri della famiglia, oppure amici carissimi, possono scegliere di allontanarsi da te quando vengono a sapere che hai un figlio disabile – o peggio ancora – di rimanere facendo, ad ogni occasione, commenti e domande sconsiderati, che spesso possono essere terribilmente dolorosi.
In questo articolo non voglio essere troppo cattiva dicendo che chi si allontana nei momenti più difficili, come dice sempre mia madre, è meglio perderlo che trovarlo. Ma cercheremo insieme di valutare alcuni sintomi di questo allontanamento, alcune cause di perché, a volte, ci abbandonano, ed infine vediamo qualche suggerimento su come affrontare la lontananza.
Arriva la diagnosi, siamo scossi. Cominciamo a cercare informazioni un po’ ovunque, ci rendiamo conto che si tratta di autismo: quindi diagnosi eterna, macigno pesante. Finito il doveroso ma, mi raccomando BREVE, periodo di sofferenza (“perchè a me”, “cosa ho fatto di male nella vita”, “forse è colpa mia che ho mangiato troppo sushi in gravidanza”, ecc ecc.), decidiamo di comunicarlo agli amici più stretti, e soprattutto ai parenti. Oppure lo vengono a sapere da qualcuno. Ti compatiscono: “mi dispiace, ma sicuramente si troverà una soluzione”, ” vedrai che tutto si risolve, conosco un bambino a cui avevano detto di essere autistico, ma ora è perfetto”, “vai da un altro medico perchè io ho visto tuo figlio e sono certo che non può essere autistico, gli autistici non sono socievoli come Matteo”: tutti commenti incoraggianti insomma.
Si avvicina il Natale. Avevi programmato di andare da tuo amico Giuseppe a fare la tombolata dopo la Vigilia e vedi che arriva il giorno prefissato e nessuno ti chiama. Lasci stare, non chiami nessuno e al giorno dopo ricevi una telefonata, chiedi spiegazioni e ti senti dire: “sì, l’abbiamo fatta la tombolata, ma siccome ora hai tuo figlio “così” non sapevo se potevi liberarti, o se magari il bambino non era a suo agio in mezzo a tanta gente, ho sentito dire che i bambini con autismo odiano i rumori, e qui era un macello”. Glissi. “ok -pensi- va bene così”.
I tuoi parenti più vicini: “-Autismo hanno detto”? Ma non è possibile, domani sentiamo una mia amica psicologa che sicuramente ribalta questa diagnosi, io non vedo segni di autismo in Francesco, lui ha bisogno soltanto di più tempo”.
La reazione di questi amici e parenti, in seguito a simili episodi, sarà il silenzio, in alcuni casi: niente telefonate, se si fanno sentire è per dire frasi del tipo: “secondo me questo bambino andava educato meglio”, “lascialo a me una settimana che te lo rido nuovo” oppure: “questo autismo è una cosa di adesso, ai miei tempi nessuno era autistico, si dava un bello schiaffo e finiva lì”.
Le cause:
Differenze generazionali: Prima gli autistici non si diagnosticavano con così tanta facilità, e probabilmente erano di meno rispetto ad oggi. Dislessia, discalculia, disgrafia, ADHD, probabilmente passavano inosservati oppure rientravano nei parametri di un bambino “più lento in classe”, “stupido” oppure con una personalità un “po’ strana”. L’autistico conclamato era invece un bambino ‘mongoloide’ o simile. Non tutti i parenti più anziani sono restii ai mutamenti del tempo, per fortuna.
Mancanza di risorse personali: non sempre sanno cosa sia davvero l’autismo. Alcuni sono rimasti attaccati allo stereotipo di Rain Man. Ricordano che l’autistico va letteralmente in tilt se invece di 5 polpette si cucinano 4 e non sanno minimamente come fare se vi si trovano davanti un bambino con autismo: “-ma pensi che si sposerà?”. Non tutti sanno dell’immensa varietà che esiste all’interno dello spettro autistico e non sempre si allontanano per vergogna o ignoranza, bensì perchè non sono informati a sufficienza. Ad esempio, se la loro comprensione dell’autismo è “non verbale con difficoltà di apprendimento” potrebbero non riconoscere l’autismo in un bambino di 7 anni in grado di leggere romanzi che però si trova a disagio con i cambiamenti di routine.
Prendono l’autismo come scusa per sparire: hehehehe, prima o poi, lo dovevo dire. Alcuni si approfittano della diagnosi per allontanarsi. Probabilmente pensavano già che fossi inferiore a loro, ma ora che hai il figlio autistico sei davvero un “povero disgraziato”! Dannoso, molto dannoso, sia per l’autistico che per te, che lotti ogni giorno senza che nessuno ti riconosca nulla del lavoro che fai, dei soldi che spendi, del tempo che impieghi.
Allontanamento “positivo”: alcuni amici o parenti cercano soltanto di essere poco invadenti. Non sapete quanto stimo queste persone. Ne ho tantissimi di amici così. Non si fanno sentire se non per inviti e notizie belle e non insistono mai se non ti fai sentire te, perchè sanno che devi gestire situazioni di stress non facili. Se li cerchi però, sai che diranno sempre di sì e saranno sempre al tuo fianco.
Ecco, una volta che hai capito perchè si allontanano: mancanza di risorse, differenze generazionali, oppure sai che ci sono altre questioni familiari in gioco che potrebbero offuscare il loro giudizio, a questo punto due sono le strade:
Si potrebbe tentare di educarli: a seconda di quanto sia ricettiva la tua famiglia ( i parenti a cui tieni oppure gli amici), potresti decidere di dar loro la possibilità di conoscere l’autismo. Ci sono alcuni modi con cui farlo ed altri modi con cui non farlo.
Innanzitutto cerca di parlare di te, di quanto l’esperienza dell’autismo ti stia cambiando, e offri la tua prospettiva di vita rispetto alle nuove esperienze che stai vivendo. E’ probabile che l’apprendimento sia recepito meglio in questa maniera.
Non sovraccaricarli con parole come ADHD, PDD NOS, ABA, CAA, CF, potresti creare confusione piuttosto che comprensione. Inizia a spiegare partendo da quello che loro conoscono sull’autismo. Se riesci a coinvolgerli in qualche visita medica di tuo figlio sarebbe ottimo.
E se sono completamente chiusi all’argomento?
Spiacente, possiamo cercare di influenzare positivamente le persone, ma non possiamo scegliere per loro. Potresti insistere, cercare di aspettare, non tutti hanno gli stessi tempi di accettazione. Ma a volte è veramente inutile. Per quanto sia frustrante non è possibile sopportare chi non accetta l’autismo e quindi è meglio cercare persone che lo accettino. Ne troverai tante se cominci a frequentare associazioni, genitori nella tua stessa condizioni, gruppi Facebook…
Ricapitolando: la diagnosi di autismo trasforma qualunque genitore. Già diventare padre o madre ti mette in gioco come persona, figuriamoci essere genitore di un bambino con autismo: angoscia, stress, crisi, nervosismo, terapie, oneri economici non indifferenti. Vogliamo perdere pure tempo prezioso con parenti e amici che spariscono, oppure che non comprendono il dolore che stai passando? Non è possibile! Non possiamo permettercelo!
Con il tempo ti renderai conto di quanto siano piccole le persone che ti hanno dato le spalle, che siano parenti oppure amici. E te ne accorgerai di quanto sei grande TU e le persone che ti sono rimaste vicine. Usa il tuo tempo per curare tuo figlio al meglio e concentrati sulle cose veramente importanti.
fonte: autismocomehofatto.com